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Vision 7S: quel filo rosso tra Skoda, Dacia e... Land Rover

Alla Skoda questo potrebbe non fare piacere, ma, al netto del differente posizionamento, decisamente più alto per il brand ceco, il percorso di rivisitazione dell'immagine di marca che hanno imboccato a Mladá Boleslav, vicino a Praga, assomiglia molto a quello intrapreso dalla Dacia, la marca romena di Renault, che sta rivedendo i fondamentali del suo design per intercettare una clientela attenta sì al portafogli ma non più disposta a sottostare all'equazione accessibilità=banalità. Entrambe le marche, Dacia e Skoda, ora propongono un linguaggio di stile minimalista, essenziale, fresco. Frutto di un approccio quasi architettonico, fatto di linee rigorose, quasi mai gratuite, con volumi pieni, solidi, che parlano di concretezza, di robustezza, di praticità, strizzando l'occhio all'industrial design, che per definizione richiama il concetto di funzionalità.

Alla larga dalla banalità. Non stupisce che, partendo da origini e storie piuttosto diverse, i due brand giungano a un approdo quasi comune. Perché, alla fine, il pubblico a cui rivolgono la loro narrativa è abbastanza simile: clienti attenti alla sostanza più che all'apparenza, ma che intendono fare di questa loro filosofia di vita un'affermazione, un manifesto, cioè qualcosa che in qualche modo deve… apparire. O, meglio, trasparire dagli oggetti di cui si circondano, nei quali la semplicità non possa venire confusa con sciatteria o, peggio, con banalità, con povertà culturale: l'originalità di alcune linee, il rigore formale di certi volumi, la ricercatezza di alcuni dettagli, la sofisticatezza grafica dei gruppi ottici presuppongono tutti un certo grado di educazione estetica nel proprio pubblico di riferimento.      

Quella musa d'Oltremanica… Del resto, comune pare l'ispirazione. Perché, che sia intenzionale o inconscio, l'archetipo è quello della Land Rover, il rude e spartano veicolo da lavoro diventato nel tempo un'icona di costume e di design. E che oggi offre la stessa coriacea robustezza delle origini, unita a un design coerente con essa e al contempo ultra-sofisticato nella sua linearità. Certo una semplicità a cinque zeri, quella Land, quando si arriva al prezzo, non certo alla portata di tutti. Però, al di là del posizionamento di mercato, che rende le vetture inglesi quanto di più lontano dalla Skoda e, in misura ancora maggiore, dalla Dacia, il messaggio veicolato non è così diverso: “Le nostre macchine devono avere un design che le renda assolutamente desiderabili”, suole ripetere il direttore creativo di Jaguar Land Rover, Gerry McGovern. Anche per la Dacia la funzionalità da sola non basta più: deve diventare una funzionalità “desiderabile”. E lo deve fare attraverso un'estetica – ciò vale anche per la più sofisticata Skoda - che non prescinda da essa, come un belletto aggiunto a posteriori, ma la dichiari, la racconti e la sublimi.

In previsione della febbre elettrica. Non dimentichiamoci che, al di là delle promesse fatte dai dirigenti delle due marche, di restare accessibili sul piano dei prezzi (lo ripetiamo: su due livelli molto diversi), siamo dentro a un processo di graduale elettrificazione che porterà tutti i brand all'abbandono del motore termico nel giro di poco più di un decennio. E ciò inevitabilmente trascinerà nel rialzo dei listini anche i marchi più generalisti e di volume. E tale aumento va giustificato. Attraverso, sì, un'iniezione di nuove tecnologie, pure sul piano della connettività, ma pue attraverso, perché no?, un design più ricercato e aspirazionale.




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