Il dieselgate riserva nuovi sviluppi giudiziari favorevoli al gruppo Volkswagen. Secondo la Corte di Giustizia federale della Germania (Bundesgerichtshof), i proprietari di un'auto usata, sulla quale erano presenti dispositivi illegali per la manomissione delle emissioni inquinanti, non hanno diritto ad alcun rimborso se non hanno rispettato i termini di prescrizione per la presentazione della richiesta di risarcimento danni: il periodo in questione è di tre anni a partire dall'autunno del 2018, ma molte richieste di risarcimento sono state depositate successivamente. 

L'importanza della sentenza. La sentenza è di particolare rilevanza perché il concetto di danni residui è centrale nei contenziosi relativi ai motori della famiglia EA189 e riguarda la maggior parte dei procedimenti aperti presso la Bundesgerichtshof di Karlsruhe, corte di ultima istanza nel sistema giuridico tedesco. Si tratta, stando ai conteggi della stessa Volkswagen, di quasi 10 mila casi, per oltre il 70% relativi ad auto di seconda mano. L'indennità residua è disciplinata dall'articolo 852 del codice civile tedesco, secondo il quale possono sussistere pretese di risarcimento anche dopo la scadenza dei termini di prescrizione solo se "il debitore del risarcimento ha ottenuto qualcosa con un atto illecito a spese del danneggiato”. In sostanza, nessuno dovrebbe trarre profitto dal danneggiare una controparte, anche in caso di sforamento dei termini prescrittivi. La disposizione non si applica, però, alla Volkswagen. Secondo i giudici, la Casa ha già realizzato un profitto illecito durante la vendita dell'auto nuova e non ha ottenuto alcun beneficio al momento della successiva rivendita. Tra l'altro, per il 21 febbraio è prevista la pubblicazione di un'altra sentenza della stessa Corte, sempre sull'applicazione dell'articolo 852, ma per i veicoli nuovi.